Definizione
Il diritto d'autore tutela le opere dell'ingegno di carattere creativo riguardanti le scienze, la letteratura, la musica, le arti figurative, l'architettura, il teatro, la cinematografia, la radiodiffusione e, da ultimo, i programmi per elaboratore e le banche dati, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione. La tutela autoriale non soggiace ad alcun onere di deposito, come invece si richiede per le invenzioni industriali.
Storia
Il diritto d'autore è, giuridicamente parlando, un istituto molto giovane. Solo in tempi recenti, rispetto alla normale evoluzione del nostro diritto che comincia a formarsi più di duemila anni fa, viene sentita l'esigenza di un riconoscimento di alcuni diritti a favore dell'autore.
Questa esigenza viene in essere successivamente all'invenzione della stampa e con la conseguente nascita dell'attività editoriale, produttiva di forti interessi economici, che porta alla circolazione di un rilevante numero di esemplari stampati di opere letterarie originali.
Il problema della tutela delle opere letterarie e artistiche si era presentato in modo rilevante anche in tempi più antichi: già Seneca aveva notato come il libraio Doro parlasse dei libri di Cicerone come se fossero suoi, e sottolineava come fossero nel vero sia il libraio sia coloro che attribuivano i libri all'autore!
Per comprendere in pieno il diritto d'autore e la sua storia bisogna tenere in considerazione la distinzione che si crea tra l'esistenza di un diritto di proprietà immateriale (corpus mysticum) disgiunto da quello del possesso materiale del bene (corpus mechanicum), ossia tra il diritto dell'autore di un'opera musicale, di un manoscritto, di un quadro o di una statua, e il diritto di chi possiede materialmente i supporti contenenti tali opere.
Nell'antichità, non essendo possibile, se non in maniera limitata, una produzione di un numero rilevante di copie tratte dall'originale dell'opera, non si poneva un problema di tutela, neppure di tipo economico: l'autore traeva i mezzi di sostentamento direttamente dai committenti dell'opera, o dalla città che lo ospitava, o dai governanti, dai nobili, dal ceto più ricco. Dal punto di vista di tutela della paternità dell'opera, troviamo in alcuni classici il racconto di episodi di "plagio", che, scoperti, portano all'allontanamento dell'autore colpevole dalla comunità.
Nell'Antica Grecia le opere sono liberamente riproducibili in mancanza di specifiche disposizioni legislative. Gli autori sono comunque tenuti in grande considerazione e ottengono lauti compensi dai committenti. L'indebita appropriazione di paternità è oggetto di condanna, anche se è operata una distinzione tra opere letterarie e opere dell'arte plastica e figurativa.
In Roma nessun diritto patrimoniale è riconosciuto agli autori di opere dell'ingegno, ma solo al librario o all'editore che ha il possesso del manoscritto. E' però difesa la paternità dell'opera, e sono riconosciti all'autore il diritto di non pubblicare l'opera e il diritto di mantenerla inedita.
Una volta che l'opera è pubblicata (tramite una prima lettura in pubblico, o la diffusione tramite manoscritto), i diritti attengono alla cosa materiale che ne costituisce il supporto.
Con la caduta dell'Impero Romano, la cultura si rifugia nei monasteri, nelle corti, o in pochi centri abitati di una certa rilevanza. Solo con il sorgere delle Università si sviluppa una domanda di copie di testi letterari, e, di conseguenza, un mercato degli stessi. Nascono così le prime officine scrittorie.
Un primo barlume di tutela viene perciò a svilupparsi, grazie all'invenzione della stampa, nella tarda metà del quindicesimo secolo a Venezia, sotto la forma di privilegio (di stampa), concesso dapprima agli editori e agli stampatori. Successivamente il sistema dei privilegi si estende e, in considerazione del lavoro creativo, dello studio e della fatica che comporta la genesi di un'opera, la tutela è attribuita anche all'autore, al quale è riconosciuta la facoltà di prestare il consenso per la pubblicazione della propria opera.
Tale sistema, debitamente ampliato, perdura fino al diciottesimo secolo, quando si giunge all'emanazione di leggi più organiche.
La più antica è lo Statuto della Regina Anna del 1709, che introduce in Inghilterra il copyright (diritto alla copia), seguita dalla legge federale degli Stati Uniti del 1790 e dalle leggi francesi rivoluzionarie del 1791 e del 1793, in cui si riconobbe finalmente l'esistenza di una proprietà letteraria e artistica. Successivamente tutti i principali stati europei si dotano di una legge a tutela del diritto d'autore
In Italia un primo decreto in materia è emanato dal governo rivoluzionario piemontese nel 1799, seguito da una legge più completa, promulgata nel 1801 nella Repubblica Cisalpina.
Successivamente, dopo la restaurazione, i diversi Stati della penisola pubblicano differenti provvedimenti legislativi: ma data la grossa frammentazione politica della penisola queste leggi erano quasi inutili per il loro limitato ambito applicativo. Per ovviare in parte a questo inconveniente, la Toscana, lo stato Sardo e l'Austria nel 1840 stipulano una convenzione per una protezione comune del diritto d'autore.
La prima vera legge italiana risale al 1865, subito dopo l'unificazione della penisola, e poi, tradotta nel testo unico 19 settembre 1881 n. 1012, rimane in vigore fino al 1925, quando è sostituita da una nuova normativa.